venerdì 16 ottobre 2015

Arancia spremuta: la crisi dell’Olanda calcistica

Sempre in alto, mai in vetta. La nazionale olandese è l’eterna incompiuta del calcio mondiale: seminare senza mai raccogliere è una costante della storia calcistica dei Tulipani, che nonostante la loro gloriosa tradizione non sono mai riusciti ad alzare al cielo un Mondiale. 


Non c’è riuscita l’Arancia Meccanica di Cruyff nel 1974 e del gruppo dell’Ajax vincitore di tre Coppe dei Campioni consecutive, sconfitta in finale dalla Germania Ovest, così come non c’è riuscito il Trio Olandese del Milan, campione d’Europa 1988, ma eliminato da Italia ‘90 dalla Germania unificata del trio interista Brehme-Matthäus-Klinsmann. Dopo ogni ciclo di campioni, un periodo di buio e il sapore di occasione persa.
Oggi il calcio olandese vive un momento simile, con la generazione di Van Persie, Robben e Sneijder fuori dall’Europeo del 2016, nonostante l’allargamento del numero di squadre da 16 a 24.
Riavvolgiamo il nastro. 2010, finale dei mondiali contro la Spagna: Robben parte in contropiede ed arriva solo davanti a Casillas, ma il portiere del Real para con il piede un vero e proprio rigore in movimento. Ai supplementari vince 1-0 la Spagna, sarà per la prossima occasione.
2014, semifinale dei mondiali brasiliani. Il treno del destino passa ancora sui piedi di Robben, che sullo 0-0 guarda con sicurezza la porta dell’Argentina e mira all’angolino basso, ma un prodigioso salvataggio di Mascherano gli nega la gioia al momento del tiro. Ai rigori vince l’Argentina, per l’Olanda ci sono ancora gli Europei del 2016. La nazionale olandese però si ferma al girone di qualificazione, in cui riesce a vincere solo contro Lettonia e Kazakistan. Il ciclo dei talentuosi olandesi sembra essere giunto al termine, ancora una volta senza aver ottenuto i risultati sperati.

LA NOSTALGIA DEL CALCIO TOTALE
Dopo la semifinale del 2014, Cruyff ha pesantemente criticato la gestione di Van Gaal, sostenendo che il risultato fosse ottimo, “quello che dovevano fare”, ma che la squadra ha giocato per la sopravvivenza, senza mai avere il controllo del gioco. Impensabile che l’Olanda giochi 3-5-2 di contropiede, sacrificando il suo storico gioco offensivo in nome di maggior protezione di un reparto arretrato privo di nomi di spicco (ma in grande spolvero, grazie a De Vrij e Vlaar). Evidentemente la federazione olandese la pensa allo stesso modo, così verso Euro2016 si punta sul buon vecchio 4-3-3 guidati da Hiddink e Danny Blind. I risultati sono però pessimi, con la squadra che gira a vuoto e non riesce ad organizzare un gioco corale: i giovani sembrano spaesati e i veterani al capolinea. Tra i classe ’84 Robben e Sneijder e i giovanissimi c’è un vuoto generazionale, di fatto a questa nazionale manca il collegamento tra il recente passato e il futuro prossimo.
Sul piano tecnico, la mancanza chiave è a centrocampo: dopo Van Bommel, e con De Jong ai margini perché poco tecnico, non c’è un uomo d’ordine e la squadra si trova spesso sbilanciata tra i troppi esterni d’attacco e fantasisti: il trequartista Klaasen viene spesso schierato in mediana, mentre nella partita contro la Repubblica Ceca il terzetto di centrocampo era composto da Sneijder, Wijnaldum e Blind. “Chi ha la palla, ha il controllo del gioco”, dice Cruyff, ma in una partita di calcio si attacca e si difende: può bastare il solo Daley Blind (figlio dell’allenatore) a bilanciare gli altri due centrocampisti, decisamente votati all’attacco?
Totalmente assente la chimica di squadra, con la fase offensiva troppo individualista. Nel calcio di oggi, in cui sono quasi scomparse le squadre materasso, non bastano i nomi né il talento: se non hai un’idea di gioco, Repubblica Ceca, Islanda e Turchia ti finiscono avanti 9 volte su 10. Questo l’Italia lo sa benissimo, basta ricordare la partita del Mondiale contro Costa Rica...

DA DOVE RIPARTIRE
La nazionale maggiore guarderà gli Europei allargati dalla tv, ma anche la selezione under 21 ha mancato la qualificazione al torneo continentale. Una volta i giovani Ronaldo, ma anche Ibrahimovic e Suarez in rampa di lancio, rappresentavano un banco di prova fondamentale per la crescita di nuovi talenti olandesi. Oggi l’Olanda è scomparsa dal percorso di crescita, Neymar arriva giovanissimo al Barcelona (ma anche Gerson alla Roma nel prossimo futuro) senza dover collezionare dribbling e gol all’Amsterdam Arena o al PSV Eindhoven. Nonostante il momento pessimo a tutti i livelli, il calcio olandese non manca di valore. Il materiale per ripartire c’è, ma bisogna avere il coraggio di responsabilizzare la nuova generazione e creare un’identità di gioco corale.
A partire dal portiere, serve stabilità: molta sfortuna nelle qualificazioni, con un doppio infortunio che ha portato in campo il terzo portiere, ma Cillessen ha dimostrato di avere le doti per essere il numero 1 degli Oranje, anche se la sostituzione a favore ai mondiali al 120’ per far parare i rigori a Krul testimonia come il portiere dell’Ajax non abbia mai avuto fiducia totale già dai tempi di Van Gaal.
La difesa del futuro può contare su De Vrij e Martins Indi, due giocatori molto abili in marcatura ma abbastanza lenti, e forse la difesa a 3 di Van Gaal era la soluzione perfetta per mantenere solidità in un movimento che sforna terzini con caratteristiche non prettamente difensive.
Il centrocampo dipenderà gioco forza dal recupero di Strootman e sull’inventiva di Clasie del Southampton, mentre Klaasen sarà un ottimo erede di Sneijder. Integrando il gioco di Klaasen al talento delle ali del futuro Depay ed El Ghazi, il potenziale offensivo di questa squadra può essere davvero temibile, anche se la prima punta olandese del futuro non fosse in grado di raccogliere l’eredità di campioni come Van Nistelrooy e Van Persie.
Anno zero, ma serve coraggio e ripartire dalla semina per veder crescere i nuovi tulipani.

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