martedì 29 ottobre 2013

Happy birthday football

Mentre in Premier League si sfidano Chelsea e Manchester City, i due giganti economici d'oltremanica, quest'articolo si propone la riscoperta di un "giovane" particolare, che nel weekend ha festeggiato i 156 anni dalla sua nascita, reso ormai irriconoscibile dal tempo e dal business: buon compleanno calcio!
foto da: sheffieldfc.com

C'era una volta il football. Un calcio pioneristico, giocato con regole dissimili a seconda delle varie scuole inglesi. La sera del 26 ottobre 1857, un gruppo di pionieri guidati da Ebenezer Cobb Morley si siede al tavolo della Freemasons' Tavern per unificare i tanti modi di intendere questo sport...in poche parole per inventare il calcio. Quella sera si decide che nel football non si può trattenere la palla con le mani né placcare l'avversario: da questo nucleo nascerà nel 1863 la Football Association, mentre dai dissidenti sostenitori dell'utilizzo degli arti superiori, impossibilitati all'utilizzo del nome "calcio" per un gioco diverso, vedrà la luce il rugby.
Da gioco d'élite, il calcio si trasforma fin da subito in fenomeno di massa: grazie al suo esteso bacino d'utenza, il rettangolo verde diventa terra fertile per la costruzione di business e campagne di promozione industriale e politica, trasformandosi nel tempo in una macchina miliardaria: paradossalmente, è proprio l'abbondanza di seguito che allontana il calcio dalla dimensione dei tifosi.
La non-league, il dilettantismo inglese, costituisce una vera e propria riserva naturale di autenticità: l'atmosfera familiare di provincia, il contatto con i tifosi, le tribune in legno, gli stadi caratteristici, le uniformi spesso senza sponsor. La magia del calcio, lontana dai riflettori e dalle tv del calcio-show.

foto da: sheffieldfc.com
All'8° livello della piramide del calcio inglese milita lo Sheffield FC, il club più antico del mondo. Ai granata si deve la stesura delle "Sheffield Rules", il complesso di regole da cui discendono quelle del calcio moderno: inizialmente tale corpus era utilizzato soltanto dai componenti della squadra che, nel loro campo adiacente ad una serra, giocavano le prime partite di calcio dividendosi in squadre per cognome, in base all'ordine alfabetico. In 156 anni di storia, la terza sorella di Sheffield non ha mai avuto un proprio stadio: attualmente gioca al Coach and Horses Ground, a 7 miglia dal centro cittadino e dotato di campo di gioco accessibile soltanto attraverso un pub. Un mondo totalmente estraneo al business, in cui si arriva a pattuire come compenso per la cessione di Sodje al Brentford (nel 2001) una fornitura di divise da gioco e quattro palloni sgonfi.

foto da: fminside.nl
Una divisione più su, al 7° livello della piramide del calcio, milita l'FC United of Manchester, un club tutt'altro che storico, ma a dir poco peculiare. Nel 2005, a seguito della controversa acquisizione del Manchester United da parte dell'imprenditore americano Glazer, un gruppo di 1000 tifosi si riunisce per decidere una linea comune di fronte alla disaffezione verso dei Red Devils definiti "lontani dai tifosi", in cui l'amore per il calcio è stato soppiantato dalla speculazione economica: nascono così i "Red Rebels", un club ad azionariato popolare che si iscrive nella North West Counties Football League (10° livello). Dopo tre promozioni consecutive, la squadra dei tifosi si assesta nella 7° divisione, rimandando i progetti di scalata al completamento dei lavori per lo stadio di proprietà (attualmente i Red Rebels sono "confinati" al Gigg Lane di Bury). Il club oggi è in costante ascesa e rientra tra le pretendenti più accreditate alla promozione, dopo ben tre finali play-off perse consecutivamente.
Decidono tutto i tifosi, dalle maglie fino al pricing dei biglietti, passando per le acquisizioni dello staff: ad oggi, nonostante la 7° divisione e lo stadio lontano dalla città, l'FC United of Manchester ha un invidiabile record di 6731 tifosi per il match di coppa contro il Brighton. Il rifiuto del calcio moderno, con il Manchester United nel cuore.


Storie e numeri pazzeschi, realtà da non-league. Il cuore del calcio inglese.


Giuseppe Brigante

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