lunedì 7 novembre 2016


Nein zu RB. IL RB Lipsia è la novità di questa Bundesliga: per chi è abituato alla lunga marcia in solitaria del Bayern, quest’anno dopo 10 partite a dividere la testa della classifica con la corazzata bavarese c’è una neopromossa. Una neopromossa che è anche l’unica rappresentante in massima serie dell’ex-DDR (Germania Est).
Sembrerebbe l’identikit della sorpresa di provincia che piace un po' a tutti. E invece è il nemico numero uno delle tifoserie tedesche. Teste di toro mozzate in campo, boicottaggi continui, associazioni di tifosi uniti nell'insegna "Nein zu RB", no all' RB. Ma per capire perché il fenomeno Lipsia infastidisce tanto, è necessario inquadrare il ruolo del RB Lipsia nella tradizione sportiva della Germania.

Le società sportive tedesche nascono come associazioni di utenti, organizzazioni gestite dai propri soci-tifosi che operano su base mutualistica e reinvestono i profitti all'interno del club.
Con la regola del “50+1”, lo statuto della Federcalcio tedesca tuttora prevede che la maggioranza delle quote delle società sia vincolata all'azionariato popolare. Il tifoso nel modello non è un osservatore passivo, che delega e osanna il presidente mecenate e urla “vattene” al più tirchio, ma è un socio attivo del club e partecipa alle scelte societarie con il proprio voto: la squadra è un patrimonio collettivo, bandiera di una comunità.
L’ingresso dei capitali delle imprese è ammesso dalla “Lex Bayer”, l’eccezione introdotta per mettere in regola realtà come il Bayer Leverkusen oppure il Wolfsburg, la squadra della Volkswagen: uno sponsor può essere proprietario di un club che ha finanziato per oltre 20 anni. Non è possibile comprare un club ed imporre dall'oggi al domani il nome di uno sponsor, in teoria quindi non ci sarebbe spazio per un team Red Bull in Germania.

L’approccio al marketing della Red Bull nello sport è quello di creare attivamente contenuti, non limitarsi a mostrare il proprio logo ai tifosi di un’entità gestita da altri. La multinazionale austriaca investe il 30% del proprio fatturato in creazione di "marketing content": sono spese di marketing i 4 mondiali di Formula 1 vinti, come è marketing fare calcio a New York e Salisburgo. Il passo successivo sarebbe vincere in Champions League, ma per fare questo l’America e l’Austria non bastano più.
L’opportunità si chiama Lipsia: una città in ripresa economica, con un vasto bacino d’utenza, uno stadio da 44.000 posti costruito per il Mondiale 2006 e l’ultima gioia calcistica ottenuta con il Muro di Berlino ancora in piedi. Il colosso austriaco prova a comprare la Dinamo Lipsia, ma lo zoccolo duro si oppone: uno storico baluardo della DDR non può essere lasciato in balia del capitalismo. Si passa quindi al piano B, acquistare la licenza del Markranstädt e partire dalla 5° divisione.
L’obiettivo non è la beneficenza, ma pubblicizzare l’energy drink. Come fare con le restrizioni della Lex Bayer? Fatta la regola, trovato l’inganno: se la squadra non può chiamarsi Red Bull, può chiamarsi Calcio Lipsia, anzi meglio ancora gioco con la palla sull'erba Lipsia. Premio fantasia 2009 indiscusso, perché gioco con la palla sull'erba in tedesco è RasenBallsport, rigorosamente da abbreviare in RB.
La regola del 50+1 impone l'apertura del club ai tifosi, ma la Red Bull non li vuole nella gestione. La soluzione? Tariffe per la membership decuplicate rispetto a quelle del Bayern Monaco: l'associazione di "tifosi" esiste, ma i beneficiari sono agenti e impiegati Red Bull.

Aggirato il sistema, adesso le regole del marketing richiedono un prodotto bello e vincente. Per vestire le lattine di vittorie, la Red Bull costruisce un centro sportivo all'avanguardia e chiama come ds Ralf Rangnick, l’allenatore che ha portato lo Schalke04 in semifinale di Champions, con l’obiettivo di investire un gruzzoletto da 100 milioni per portare i migliori talenti a Lipsia.
In sette anni, il RB Lipsia scala il calcio tedesco e conquista la vetta della Bundesliga. Per il prossimo salto, l’asticella è stata fissata sulla qualificazione in Champions League, poi sul diventare l’antagonista del Bayern per il titolo nazionale. Tutto questo prima che Dietrich Mateschitz, il boss di Red Bull, compia 80 anni (oggi ne ha 72).
Obiettivi che per i Roten Bullen sono raggiungibili in prospettiva: l’età media della squadra è la più bassa della Bundesliga (meno di 24 anni), il bomber Timo Werner ha soli 20 anni e una media gol già invidiabile, la squadra gioca un calcio moderno, le strutture sono un fiore all'occhiello e i soldi non sono un problema.

RB Lipsia è…il riscatto della Germania Est, la novità che sfida le grandi, gioca un bel calcio e punta sui giovani. Chi sostiene questa tesi dirà che la Germania Ovest vince nel calcio perché dietro i suoi Hoffenheim e Ingolstadt si nascondono colossi industriali come SAP e Audi, mentre un St. Pauli popolare arriva in Bundesliga soltanto per retrocedere.
RB Lipsia è…il club senza tradizione, la novità impiantata artificiosamente nel sistema per mettere in bella vista il logo Red Bull. Secondo Mateschitz, “l’unica differenza tra il Barcelona, il Bayern Monaco e il RB Lipsia è che tra 500 anni questi club avranno 600 anni e noi 500”. Forse dimentica che quando il Barcelona segna, lo fa per emozionare il pubblico. Quando il RB Lipsia segna, lo fa per vendere bibite.

Vincere vestiti da lattina: il gioco vale la candela?

lunedì 4 luglio 2016


Bastano pochi istanti per passare da giocatore rivelazione dell'Italia "operaia" a capro espiatorio, ricoperto di insulti. Il calcio al tempo dei social, con la sua isterica e superficiale leggerezza, vive di stereotipi.
"La donna è mobile qual piuma al vento, muta d'accento e di pensiero" cantava il Duca di Mantova nel Rigoletto. Allo stesso modo, la stessa platea che ha scoperto recentemente Graziano Pellè, la sua abnegazione ed il suo gioco di sponda, adesso lo riempie di insulti perché non ha rispetto.

Gli insulti a Pellè e Zaza seguono diverse correnti di pensiero:
1 - Ah questi calciatori sbruffoni, viziati e ricoperti di milioni che non prendono le cose sul serio
Lo stipendio dei calciatori è un alibi universale...
2 - Pellè non è nessuno, non può prendere in giro Neuer
Il portiere Ivkovic in Napoli-Sporting sfidò Maradona "se ti paro il rigore mi dai 100 dollari" (e parò il rigore): era anche lì un sacrilegio, una mancanza di rispetto gravissima?
3 - I rigori si possono sbagliare, ma Pellè non sarà mai un campione vero di umiltà come Baggio e Baresi

Tutte e tre le teorie portano ad un'unica risposta: noi italiani siamo un popolo di ipocriti.
I calci di rigore sono un gioco mentale tra chi calcia e il portiere: i saltelli di Neuer (o in passato i balletti di Grobbelaar o Dudek) fanno parte di questo meccanismo messo in pratica per scaricare la tensione sull'avversario.
Pellè si è presentato sul dischetto da sfavorito contro un portiere fuoriclasse. Tipicamente, in questa posizione la prassi prevede un tiro di potenza laterale, non troppo angolato per paura di sbagliare. Se il portiere sceglie il lato giusto para, 50%-50%. Pellè ha voluto aggiungere una variabile, il suo gesto è un'auto-segnalazione di estro: "non sono uno dei tanti anonimi, io ho il coraggio di farti anche il cucchiaio".
Graziano Pellè ha avuto il coraggio di provare a scrivere la storia, Neuer non ci è cascato ed ha vinto.
Io sto con Pellè, io sto con l'estro. Io sto con chi ha il coraggio, anche nella sconfitta.


Chiudo l'articolo con un video degli Europei Under-21 del 2007. Italia-Portogallo, in palio la qualificazione alle Olimpiadi. Pellè dal dischetto fa il cucchiaio, segna e l'Italia si qualifica a Pechino 2008. Dove eravate nascosti quel giorno, voi difensori del rispetto e dell'umiltà?

martedì 7 giugno 2016

Il fútbol in Uruguay è lo sport dove 22 persone rincorrono un pallone su un prato, ed alla fine un quartiere di Montevideo festeggia lo scudetto.


L'Uruguay è una nazione piccolissima, che conta poco più di 3 milioni di abitanti. Nello stesso ordine di grandezza dell'area metropolitana di Roma. Eppure il piccolo stato sul Rio de la Plata ha segnato la storia del calcio, vincendo il primo Mondiale di calcio nel 1930 e poi replicando nel 1950. Nonostante le dimensioni ridotte, gli uruguayani sono sempre riusciti a rimanere al top del calcio mondiale. Due stelle sulla maglia della gloriosa nazionale Celeste, anche se in Uruguay ne reclamano una terza: hanno vinto la prima edizione del Mondiale, ma avrebbero vinto anche quella prima se si fosse giocata, perché erano i più forti al mondo, dicono.
Nella storia ultrasecolare del calcio uruguayano, il titolo nazionale è andato 47 volte al Peñarol e 45 volte al Nacional, le due maggiori squadre della capitale. Dietro il binomio Peñarol-Nacional, per gli altri restano solo le briciole: la terza squadra charrúa più titolata è il Defensor Sporting, con 4 campionati vinti. Un Oligopolio.

L'unica squadra capace di spezzare l'egemonia capitolina è il Rocha nel 2005, vincitore a sorpresa del Torneo di Apertura con due punti di vantaggio sul Nacional (penalizzato in classifica di 3 punti...). Quest'anno, nello stesso anno del Leicester campione di Inghilterra, anche l'Uruguay calcistico ha visto il suo miracolo compiersi.

Il gigante Golia del fútbol nazionale è il Peñarol di Diego Forlan, con una storia di scudetti alle spalle, che gioca in uno stadio moderno davanti ad una marea giallonera. Il Plaza Colonia è il Davide che si presenta armato di fionda davanti al numeroso pubblico dello stadio Campeon del Siglo. Un solo giocatore del Peñarol conta più titoli di tutta la squadra avversaria.

I "patasblancas" del Plaza Colonia rappresentano la piccola cittadina di Colonia del Sacramento. Venticinquemila abitanti, più vicina a Buenos Aires che alla capitale Montevideo. Il club ha 99 anni di storia, ma nel 2000 giocava nei campionati dilettantistici. Ad ottobre 2014, il Plaza Colonia era ultimo in seconda divisione.
L'allenatore Eduardo Espinel è un veterano della piazza: ha giocato per sette stagioni al Plaza Colonia, avendo l'opportunità di giocare al fianco di un giovanissimo Diego Lugano nei primi anni di professonismo del club. In parallelo, Espinel faceva il carpentiere per mantenersi.

In una sola partita, Peñarol - Plaza Colonia è in gioco la storia dei patasblancas e del calcio uruguayano. La sorpresa del campionato, prima in classifica a due giornate dalla fine, gioca in casa della seconda in classifica, la corazzata del campionato. Una vera e propria resa dei conti finale.

Sarebbe la partita perfetta per fare un catenaccio estremo, provare a strappare un onesto 0-0 con un camion davanti alla porta ed un gioco aggressivo, con la tipica garra degli uruguayani. Ma il treno per la storia passa solo una volta, così il Plaza Colonia passa in vantaggio dopo soli 2' grazie al gol del numero 10 Milessi. Da questo momento in poi, i patasblancas controllano il gioco, mentre il Peñarol stenta a reagire e si limita a proporsi con azioni personali.

Alla mezz'ora, i favoritissimi gialloneri riescono a pareggiare, rimettendo il campionato in discussione. A questo punto, le squadre esperte di solito rientrano con la testa nella partita e dilagano. Il Peñarol continua invece a giocare in modo impreciso, finché a 10 minuti dal termine il Plaza Colonia si procura il rigore più importante della sua storia. Villoldo dal dischetto fissa il portiere, in un attimo in cui l'intero Uruguay sportivo segue ammutolito. Tiro basso e centrale, per beffare il portiere, che si butta lateralmente. Gol. Plaza Colonia campione.


Durante i festeggiamenti, il presidente del club ha pianto per l'emozione, ricordando la difficoltà incontrate durante il percorso verso la vittoria finale, le scuse ai giocatori per gli stipendi pagati in ritardo, con soli cinque palloni per allenarsi e poche risorse.

Tra i campioni di Uruguay, c'è anche un veterano dei campionati italiani, un giocatore che personalmente ho avuto l'occasione di apprezzare e che ritengo sia stato molto sottovalutato. Si tratta del 36enne Mariano Bogliacino, centrocampista mancino ex-Napoli e Lecce nato proprio a Colonia del Sacramento e cresciuto nelle giovanili del Plaza Colonia. Un giocatore versatile, dal piede educato e tanto spirito di sacrificio, mai sopra le righe, che ha indossato la 10 del Napoli in Serie C. Complimenti Mariano.

giovedì 5 maggio 2016

Venerdì 29 aprile, il Crotone pareggia 1-1 contro il Modena ed ottiene la sua prima storica promozione in Serie A. I pronostici di agosto vedevano come netta favorita il Cagliari, ma il Crotone ha sorpreso tutti vincendo il campionato con una squadra allestita con prestiti e parametri zero.

I punti di forza di questo Crotone che si affaccia alla massima serie sono il fattore campo e l'organizzazione tattica. L'asso nella manica di questa squadra è stato infatti l'allenatore Ivan Juric, che ha schierato i rossoblù con un 3-4-3 compatto e spettacolare, di stampo Gasperiniano. Risultato: miglior difesa della categoria con soli 32 gol subiti in 39 gare e secondo miglior attacco, dietro soltanto al Cagliari.

Da Crotone sono passati negli ultimi anni talenti del calibro di Florenzi e Bernardeschi, indice di come l'occhio lungo dei calabresi potrebbe rappresentare un'arma in più anche nella prossima Serie A e per il fantacalcio, con diversi giovani in rampa di lancio che potrebbero trovare spazio ed esplodere nel Crotone 2016/17.

Aspettando il mercato...il presidente Vrenna sta programmando un nuovo stadio e ha già in programma un incontro con l'allenatore Juric per programmare il rinnovo. Ma quali dei protagonisti di questa favola all'italiana potrebbero essere il colpo di mercato a 1 credito per la prossima stagione?

Il 3-4-3 del Crotone
Cordaz
Yao Ferrari Claiton
Balasa Capezzi Salzano/Paro Martella
Ricci Budimir Palladino

Cordaz - Portiere di 33 anni, con grande esperienza costruita da gregario nell'Inter. Ottima stagione in B, molto probabilmente sarà ancora lui il titolare in Serie A: in casa ha subito soltanto 10 gol quest'anno...da valutare come terzo portiere, da schierare nelle partite casalinghe contro le piccole.

Yao - Difensore in prestito dall'Inter. Classe '96, duttile, con ottime capacità di anticipo, una sola ammonizione: gioca come un veterano. Probabile sorpresa dell'anno anche in Serie A.

Ferrari - Difensore che detta i tempi e regge il reparto con autorità, potrebbe essere un buon jolly dalla sufficienza costante. Attenzione ai cartellini però.

Martella - Difensore/centrocampista. Questo esterno corre, difende bene, crossa e costruisce tanto in attacco. Tre gol e tantissimi assist quest'anno. Ha già rinnovato il contratto col Crotone: dovesse essere listato difensore, sarebbe un grande acquisto.

Capezzi - Giovane centrocampista di proprietà della Fiorentina. Dovesse restare ancora a Crotone, avrebbe la titolarità pressoché certa...un bel talento, ma per il momento sconsigliato al fantacalcio: buoni voti, pochi bonus e tanta sostanza.

Ricci - Esterno d'attacco classe '94 di grandissima tecnica. Ha tutte le carte in regola per fare benissimo in Serie A. 10 gol e 7 assist in B quest'anno.

Palladino - Attaccante ex Juventus e Parma. Frenato da molti infortuni, da gennaio sembra essere tornato a splendere in Calabria aggiungendo la sua esperienza alla giovane squadra di Juric. Vi sentite di scommettere 1 credito su di lui?

Budimir - La punta del Crotone, arrivata in sordina dal St. Pauli, sta già scatenando un'asta di mercato: rimarrà in rossoblù? Fa reparto da solo, dialoga bene con i compagni e segna tanto. Quest'anno è stato il Drogba della Serie B, l'unico dubbio è se riuscirà a confermare i suoi numeri anche in Serie A.

martedì 3 maggio 2016



Questo non sarà l’ennesimo articolo di glorificazione per il miracolo del Leicester.
La storia delle Foxes che hanno vinto il titolo contro ogni pronostico ha coinvolto tutto il mondo, riavvicinandoci alla bellezza del calcio e va tenuta a mente.
La ribalta del Leicester ha il merito (e la colpa) di aver invaso il mondo dello storytelling calcistico, attirando una valanga di speculazione sulla retorica di Davide contro Golia, sull'umiltà del condottiero Ranieri, sulla parabola di Vardy dai dilettanti alla gloria e sull'elogio incoerente del calcio di provincia.

Piuttosto che aggiungere ancora un racconto di questa bellissima storia, Invasore di Campo si limita a sottolineare quanto sia importante ricordare l’impresa del Leicester per difendere la bellezza del calcio, perché le azioni parlano più forte delle parole.

Quindi ricordiamoci di questo Leicester e di come ci siamo fatti trascinare dalla sua poesia.
Ricordiamoci del Leicester ogni volta che viene proposta una Superlega Europea chiusa ai club blasonati
Ricordiamoci del Leicester ogni volta che si parla di quanto sia deleterio (?!?) il Carpi in Serie A
Ricordiamoci del Leicester ogni volta che le ragioni del business offuscano quelle del campo 
Ricordiamoci del Leicester ogni volta che ci si lamenta di un Bate Borisov campione di Bielorussia in Champions*, quando invece un più forte Milan 7° in Italia “sarebbe più competitivo”
*ma poi quando lo stesso Bate Borisov batte una corazzata diventa d’incanto tutto giusto e bellissimo
Ricordiamoci del Leicester ogni volta che si gioca una Coppa Italia costruita ad uso e consumo delle grandi
Ricordiamoci del Leicester ogni volta che una big asfalta una provinciale. Perché un sistema in cui alle realtà con un bacino d’utenza ristretto vengono lasciate le briciole impedisce ad ogni Empoli di diventare un piccolo Leicester


¡Viva el fútbol!

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